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Svezia e Nato: errori, ingenuità e ricatti diplomatici. I perché dell’impasse di Stoccolma

Approvata dal Riksdag l'adesione del paese all'alleanza atlantica. Sempre più acute le ragioni che hanno spinto Stoccolma a rinunciare a una lunga neutralità, ma per capire cosa avverrà della propria sicurezza la Svezia dovrà attendere le elezioni in Turchia.

di Barlaam

Cold Response. Risposta a freddo, questo il nome dell’esercitazioni NATO che si è svolta un anno fa, dal 14 marzo al 1° aprile 2022, nel nord della Norvegia. Tre settimane prima Vladimir Putin aveva invaso l’Ucraina. Quando la manovra NATO è stata messa in cantiere nessuno poteva immaginare le condizioni in cui si sarebbe svolta. Altrettanto si poteva dire del suo programma: 30mila militari di 27 paesi, Svezia e Finlandia comprese, mobiliati per reagire a un attacco a un paese scandinavo. Un ordine giorno fantapolitico. Allora. Oggi molto meno.

Pacifismo naif, difesa svedese a pezzi.

Da tempo i due paesi nordici coordinano la propria agenda militare con la NATO. L’adesione però non era all’ordine del giorno. È stata l’aggressione russa dell’Ucraina a spingere alla svolta Stoccolma e Helsinki e convincerle della necessità di entrare contemporaneamente nella NATO. Altrettanto queste conclusioni derivavano dalle analisi fatte sullo stato delle rispettive difese. Anche se qui ci sono delle differenze. L’ex granducato zarista non ha mai abbassato la guardia della preparazione militare, ha mantenuto sempre alto il bilancio della difesa continuando ad addestrare un gran numero di riservisti. Insomma Helsinki non ha mai dimenticato il pericolo russo. Al contrario la Svezia, muovendosi sulla strada del pacifismo naif, aveva posto fine alla leva obbligatoria e ridotto pesantemente le forze di difesa. Fino a quando, inizi del 2010, il comandante delle FFAA di Stoccolma avvertiva che in caso di attacco il paese poteva reggere al massimo una settimana. Inoltre la simulazione di un bombardamento russo su Stoccolma rivelava l’incapacità di reazione dell’aviazione. Da allora la Svezia ha aumentato le spese militari e ripristinato la coscrizione.

Il 22 marzo il Riksdag, il parlamento svedese, ha approvato a larga maggioranza, 269 ​​si 37 no, un disegno di legge per l’adesione del paese all’alleanza atlantica. Ciò significa che in caso di guerra il governo può richiedere il sostegno militare della struttura militare senza una decisione parlamentare. A condizione però che il paese entri nella NATO. Ma ciò non sembra a breve scontato.

Innanzitutto non potrà farlo insieme alla Finlandia. Il vero ostacolo non si trova a Budapest anche se Orban continua a mettere i bastoni tra le ruote. La bestia nera di Stoccolma si chiama Tayyip Erdogan e l’ambiguo rapporto che il presidente turco coltiva con tutte le alleanze che impegnano il suo paese. Particolarmente riguardo l’ingresso di Svezia e Finlandia nella NATO, ma soprattutto con le scelte di Stoccolma, Erdogan fa come il gatto col topo. A fine giugno 2022 annunciava di non aver più obiezioni. Dubbi tornati sette giorni dopo: niente ratifica senza l’estradizione svedese di 73 persone accusate di terrorismo dal paese anatolico. A questo approccio, sorprendente per durezza, la Svezia ha abbinato, una inimmaginabile ingenuità nelle trattative.

Troppe concessioni a Erdogan

Il nuovo governo di destra liberal-conservatore, in funzione il 22 ottobre 2022, ha cercato in ogni modo di convincere il presidente turco. Chi a Stoccolma puntava sul cambio di esecutivo per sbloccare le trattative è stato deluso. Il primo viaggio ufficiale fuori d’Europa, compiuto dal primo ministro svedese, Ulf Kristersson, lo scorso 8 novembre è avvenuto proprio ad Ankara. Rispetto che non è servito a nulla. Anzi è stato visto dai turchi come un cedimento. Un errore insomma, visto il ritorno a casa a mani vuote del premier.

La pensa così l’ex diplomatica Ulla Gudmundson. Secondo la specialista in relazioni internazionali, “la Svezia ha dimenticato le parole mai troppo zelo di Talleyrand. Cedendo troppo e troppo in fretta Stoccolma ha invitato Ankara a chiedere di più. Fino a pretendere l’impossibile.” La Svezia ha fatto molte concessioni alla Turchia. Tuttavia, non può soddisfare la richiesta di estradizione. Molti dei presunti “terroristi” sono cittadini svedesi da anni e la Corte Suprema svedese ne vieta l’estradizione. E allora?

Se come sembra Erdogan non cederà, e la Finlandia entrerà da sola nella NATO, la Svezia rimarrà l’unico paese privo di alleanze militari nella regione del Mar Baltico. Avendo però con l’offerta Nato rinunciato alla propria neutralità militare, si troverà priva di un’alleanza militare.

Una situazione non allarmante, per il momento. Naturalmente è un male che Svezia e Finlandia avanzino divise. Meglio di niente si sottolinea. L’adesione di Helsinki è prioritaria. Il paese con la Russia ha 1.300 chilometri di frontiere. Un breve ritardo svedese non avrà “nessun significato” per la sicurezza, ha scritto Charly Salonius-Pasternak dell’Istituto finlandese per gli affari internazionali. Le truppe russe presenti nella regione sono state trasferite in Ucraina. Ci vorranno anni prima che Mosca ritorni ai precedenti rapporti di forza. Tuttavia non tutto fila liscio. Avanzando unite, Svezia e Finlandia compivano un gesto simbolico, ma carico di senso pratico. I legami militari tra i due paesi sono da tempo stretti, e l’annessione russa della Crimea li ha rafforzati. Cooperazione fatta di esercitazioni congiunte, comuni e rapidi sistemi di allerta, scambio di dati di sorveglianza e di truppe. Una pianificazione congiunta della difesa che ora, “dal punto di vista militare dovrà in parte sciogliersi”, afferma Kjell Engelbrekt, professore all’Università svedese della difesa. Inizialmente la NATO potrà “pianificare come se la Svezia fosse dentro”. Se l’adesione richiederà più tempo, ​se dovesse nascere un “divario strategico, allora i problemi di sicurezza saranno seri”. Soprattutto se la Russia dovesse ricostruire la propria potenza prima dell’ingresso della Svezia nella NATO.

Svezia come la Georgia post 2008?

In questo caso il Cremlino potrebbe minarne l’adesione, dice Salonius-Pasternak. Per esempio occupando l’isola svedese, strategicamente importante, di Gotland. In questo caso l’Alleanza si troverebbe di fronte alla questione di far aderire un paese alle prese con un conflitto territoriale. Del resto è da decenni che Mosca aizza conflitti. Lo ha fatto con Moldavia: occupazione della Transnistria. Georgia: invasione dell’Ossezia meridionale. Armenia e Azerbaigian: conflitto nel Karabakh. Ucraina: incorporamento di Crimea e Donbass. Engelbrekt sottolinea il valore per Mosca di negare all’UE l’accesso ai depositi di terre rare nel nord della Svezia. Più Stoccolma resta in un “limbo sicuritario” più cresce la sua vulnerabilità. Al contrario l’adesione svedese rafforzerebbe la NATO. Non tanto perché l’Alleanza acquisirebbe nuove capacità militari: flotta sottomarina svedese e aerei da combattimento, ma anche in termini geografici. La Finlandia sarebbe molto più facile da difendere attraverso la Svezia dentro la NATO.

Secondo Jens Stoltenberg è “impensabile” la mancata reazione NATO in caso di attacchi alla Svezia. Ma si tratta di promesse non di garanzie. Se la Svezia fosse parte della NATO, l’assistenza sarebbe obbligatoria. Nel frattempo Stoccolma punta ad accordi vincolanti tra i Paesi nordici e con l’America. Così il paese sarebbe meno fragile in termini di sicurezza ma la NATO resta insostituibile. Dunque serve davvero una Cold Response di lungo respiro.

 

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