Sabato 4 novembre Roma e Milano hanno dedicato due manifestazioni al tema della pace. Manifestazioni molto differenti. Per ora basta notare che alla base della manifestazione della capitale vi era soprattutto una ambigua volontà di pacificazione dell’aggressione russa all’Ucraina. Riguardo la pace che naturalmente è stata molto invocata nessuno, a meno qui sia sfuggito, ha esposto concretamente un modo, un percorso, un criterio, grazie al quale sarebbe possibile ottenerla. Altrettanto tra le due manifestazioni, quella di Roma è stata di gran lunga la più controversa visto che il comitato organizzativo era formato da circa 600 sigle. A Milano le cose sono state più chiare. E condivisibili. Conviene dunque concentrarsi per ora su quanto avvenuto nella capitale. A Roma si è visto sfilare un umore politico antimilitarista che è possibile dividere grossolanamente in due tronconi: cattolico, compresa sinistra parlamentare e no, e movimento cinque stelle.
Demilitarizzare, denazificare, deucrainizzare, o desatanizzare il mondo?
Nei giorni precedenti il corteo ognuna di queste correnti si è sforzata per spiegare come pacificare l’aggressione russa all’Ucraina, come interrompere (far finire?) i combattimenti che, da parte russa, ora non hanno più lo scopo di denazificare e smilitarizzare il paese aggredito, ma quello di de-ucranizzarlo. Ossia cancellare l’esistenza di un popolo e una cultura. In una parola Mosca vuole annichilire l’ex paese fratello. Una nazione sovrana che nel 1945 ha contribuito alla nascita dell’ONU. Va notato che a differenza di quanto successo durante la prima fase del conflitto, oggi nelle fila di chi vuole la pace a ogni costo non si sostiene più che le responsabilità dell’aggressione russa all’Ucraina ricadano in primo luogo sulla NATO e sul neonazismo ucraino. In che modo la NATO sia stata concretamente responsabile dell’attuale guerra russa di sterminio nei confronti di Kiev non lo si spiega. Perché è impossibile. L’Organizzazione dell’Alleanza Atlantica nasce nel 1949. Il primo tentativo ucraino di affrancarsi – contro la volontà imperiale della Russia zarista – come popolo e come cultura autonome e originali avviene invece molto prima. Nel 1708.
La manifestazione di Roma ha avuto la particolarità di non avere vere parole d’ordine. L’ambiguo slogan che aleggiava sul corteo, smettere di inviare armi a Kiev, ricorda troppo la richiesta russa iniziale di smilitarizzazione ucraina per poter essere fatto del tutto proprio da una folla che tra l’altro dichiarava di voler manifestare “a favore del popolo ucraino”. L’altro slogan “cessare subito il fuoco” non viene mai accompagnato da un indispensabile chiarimento. Cosa fare per raggiungere il cessate il fuoco? Quali passi concreti che non siano la resa dell’Ucraina possono portare al risultato? E quali condizioni dovrebbe porre il non meglio specificato “intervento diplomatico”? Generica, confusa e lontana dalla realtà è l’affermazione che “l’umanità ed il pianeta non possono accettare che le contese si risolvano con i conflitti armati”. Questo purtroppo non è vero e, oggi, dopo tanto tempo, in Europa questo sta avvenendo proprio questo.
In realtà nelle file di chi vorrebbe la pacificazione ad ogni costo dell’aggressione russa all’Ucraina qualcosa è cambiato. O meglio più che un cambiamento si è verificata una singolare sostituzione. Visto che era diventato impossibile scaricare tutto sulla NATO e i neonazisti, quella nettezza si è rovesciata in genericità e vaghezza. La discussione sull’aggressione russa all’Ucraina si è trasformata nell’opposizione a tutte le guerre del pianeta. Dimenticando che il principio di differenza è un principio di realtà.
La Nato non è più sul banco degli accusati, al suo posto genericità e vaghezza a scopi manipolatori
L’obiettivo però è rimasto identico. Confondere e manipolare l’opinione pubblica. Come manipolatorie erano le accuse alla NATO e al nazismo ucraino, altrettanto si deve dire della vaghezza. A questo proposito venerdì 4 novembre alla trasmissione radiofonica Radio anch’io il direttore del quotidiano della CEI, Avvenire, Marco Tarquinio, ha stigmatizzato le “violazioni ucraine del Trattato di Minsk”. Pochi minuti prima lo stesso giornalista aveva accusato l’occidente di “aver perseguito per otto anni con continui rifornimenti di armi” la guerra “provocata da Putin”. Si tratta di affermazioni che invece portare chiarezza alla discussione, ne aumentano appunto la confusione. Secondo la Treccani, perseguire vuol dire “impegnarsi con tenacia per raggiungere un fine”. Dunque per otto anni l’occidente si sarebbe con “tenacia impegnato a raggiungere” la guerra attuale? E se qualcuno ha perseguito la guerra mentre qualcun altro l’ha provocata, chi è il vero responsabile del conflitto? E perché la periodizzazione della vicenda deve partire dal 2014? Perché inoltre non dire che invadendo la Crimea nel 2014 la Russia è venuta meno al rispetto di due precedenti trattati internazionali: il Memorandum di Budapest del 1994 con cui Russia, USA e Gran Bretagna spingevano l’Ucraina a disfarsi del proprio arsenale atomico militare in cambio di sovranità e integrità territoriale e il Trattato di Amicizia, Collaborazione e Partneriato tra Russia e Ucraina del 1997 con cui Mosca si impegnava (art. 2 e 3) a rispettare la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina. Nel primo caso se Mosca ha violato quell’atto, Londra e Washington sono state incapaci di farlo rispettare. È esatto che da quel momento le due capitali hanno dato il loro contributo alla formazione di un vero esercito ucraino, che nel 2014 non esisteva. In questo modo però non hanno fatto altro che ripagare il debito morale che entrambe avevano verso Kiev. Ovviamente dopo queste gravi trasgressioni di impegni, come si può credere che l’Ucraina e la comunità internazionale possano ritenere credibili eventuali nuovi impegni dei governanti russi?
Febbraio 2014
Ancora: facendo iniziare la concatenazione degli eventi al febbraio 2014, momento dell’illegale invasione e annessione della Crimea, Tarquinio evidenzia le violazioni ucraine al trattato di Minsk. Trattato sottoscritto nel febbraio 2015. Periodo durante il quale il Cremlino e i regimi fantocci da lui armati, installati e finanziati– le pseudo repubbliche popolari di Donestk e Luganks – hanno sistematicamente impedito alla missione OSCE nel Donbass di compiere il proprio lavoro. Soprattutto la soppressione quasi totale della possibilità di monitorare i 400km di frontiera russo-ucraina, nemmeno i droni di riconoscimento hanno potuto farlo, ha rappresentato una fondamentale irregolarità. È possibile così dire che nella misura in cui gli ucraini non hanno potuto adempiere agli obblighi previsti negli accordi di settembre 2014 -protocollo e memorandum – cause e responsabilità risalgono alla Russia e ai regimi fantocci da lei installati.
Per concludere, è formalmente corretto dire, come fa ogni volta che può Tarquinio, che l’Ucraina ha violato gli accordi di Minsk? Certo che lo è. Ma sostenere questa tesi senza portare dati precisi rivela, presumibilmente in buona fede, una approssimazione che mette sulla cattiva strada chi ascolta. Cosi gli ucraini hanno violato gli accordi di Minsk? Certo, ma in che misura? Secondo Alexander Hug, fino al dicembre 2018 vice responsabile delle forze SMM (Special Monitoring Mission) dell’OSCE, nel 2016 il 90% delle violazioni del cessate il fuoco consolidato il 19 settembre 2014 nella zona di sicurezza – 30 chilometri – va fatto risalire ai separatisti, ossia alla Russia. Il restante 10% va a carico degli ucraini.
E visto che è un uomo di fede, che dice il direttore dell’Avvenire delle ultime affermazioni dei principali politici russi secondo cui il nuovo, ennesimo, scopo dell’intervento armato è combattere il satanismo? Dottrina che avrebbe ormai sopraffatto l’occidente e iniziato a infettare l’Ucraina. È dunque un obbligo russo combattere le dottrine del maligno prima che queste appestino l’innocente popolo russo e il resto delle nazioni sane. Come definire questa visione del mondo?
Riguardo i cinquestelle, dopo tutte le giravolte compiute in oltre un decennio dal movimento che doveva rinnovare l’Italia, c’è poco da dire. Guidati da un leader che quando parla esprime solo banalità opportunistiche, una personalità incapace di elaborare il lutto della perdita di Palazzo Chigi e oppresso dalle personalità che lo hanno preceduto, soprattutto una, dei pentastellati non ci può fidare.