L’ultima arrivata, ma non per importanza, è stata la Serbia. Ieri, 14 febbraio, su Instagram il ministro dell’Economia di Belgrado, Rade Basta, avvertiva che anche il suo paese applicherà le sanzioni contro la Russia. In precedenza la stessa svolta, annunciata da Bloomberg, era arrivata da Turchia e India. E se nel paese balcanico le parole del politico sono diventate un caso per il governo, Ankara e Nuova Dehli hanno preferito il basso profilo. Se gli scoop dell’agenzia USA corrisponderanno a verità, il colpo per il Cremlino sarà duro. Sempre martedì 14 febbraio sulla Tass sono apparse delle dichiarazioni di Putin. Secondo il presidente russo “anche se le conseguenze delle sanzioni ci creeranno dei problemi, tutto resterà normale”. Che un maestro della menzogna come Putin parli delle sanzioni occidentali come fonte di problemi per il paese è già un segnale. Per la Federazione i prossimi anni si annunciano foschi. Sarà per questo che da qualche mese il Cremlino pubblica sempre meno statistiche?
Mettere le statistiche dentro lo stato reale del Paese
Come valutare allora lo stato reale della Russia? I dati futuri saranno attendibili, oppure come sostiene Alexander Libman, le cifre pubblicate da Mosca saranno sempre meno affidabili? L’accademico russo docente all’Università di Monaco di Baviera è sicuro che le prossime informazioni su rublo, stato dell’inflazione e livello della disoccupazione non rispecchieranno la verità dell’economia federale.
Per esempio le previsioni apocalittiche che per il 2022 prevedevano disastri sia per i paesi europei che per Mosca si sono rivelate infondate. Secondo i dati recentemente pubblicati dall’agenzia russa di statistica, dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, l’economia del paese è diminuita del 2,1%. Contradditore sono anche le stime attuali. Per l’anno in corso è ipotizzato un calo del prodotto interno lordo russo compreso tra lo 0,8 e il 4%. Ossia una forchetta di variazioni di circa il 400%. Al contrario il Fondo monetario internazionale ha prevede una crescita dello 0,3%.
Come capire allora gli effetti delle sanzioni?
“Occorre calare la statistica economica nella situazione reale del paese”. La mette così Sergej Guriev, ex Rettore della New Economic School di Mosca e ora numero due di Sciences Po a Parigi. L’economista ritiene che per il 2022 la variazione del PIL russo -3% secondo lui – vada calcolato tenendo conto delle previsioni che “per lo scorso anno ne prevedevano un aumento del 3%”. Se cosi fosse nel 2022 la contrazione reale del PIL sarebbe stata del 6%. Una tendenza in proseguimento e che nel 2023 dovrebbe essere pari al 3%. Soprattutto, afferma il docente, in tempi di guerra il PIL non può essere un indicatore fedele dell’attività economica. La produzione non solo passa a tempo pieno, da 8 a 24 ore al giorno, ma si lavorano beni soprattutto militari. Stessa attenzione va riservata al rublo.
Rublo forte economia debole. Come mai?
Nel dicembre 2022 embargo petrolifero e price cap (controllo del prezzo) del G7 sull’oro nero di Mosca hanno fatto perdere alla moneta russa circa il 15-20% del suo valore. Prima di questa mossa il tasso della valuta russa era molto alto. È ancora Guriev che spiega l’anomalia: nella primavera del 2022 l’Unione Europea ha annunciato sanzioni petrolifere che sarebbero entrate in vigore tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023. Questo ha causato un forte aumento del prezzo del petrolio durato estate e autunno 2022. Balzo avvenuto con tariffe già molto alte a causa della guerra. Il valore delle esportazioni russe è quindi aumentato in modo significativo. Contemporaneamente, mentre 1.200 compagnie occidentali lasciavano il Paese, sono state messe in campo sanzioni commerciali che impedivano l’esportazione di tecnologia sensibile in Russia, facendo così diminuire drasticamente le importazioni russe. Il risultato? Il surplus commerciale del Cremlino ha raggiunto livelli record. Mosca accumulava dollari senza poterli spendere. Ciò ha ridotto la domanda di valuta statunitense aumentando quella di rubli, rafforzando la valuta russa. Ma a questa potenza artificiale non corrispondeva la forza dell’economia. Al contrario l’effetto collaterale del calo delle importazioni, ha indebolito la struttura economica del paese. Senza le importazioni occidentali, l’industria automobilistica, quella aeronautica di Mosca mancano di pezzi di ricambio. Effetti che se per tutto il 2022 hanno spinto il rublo ora iniziano a tarlare l’economia del paese.
Banche estere, Reiffesen e Unicredit nel mirino
L’anniversario dell’invasione dell’Ucraina ha dato la stura ad altre sanzioni finanziarie che si sommano a quelle del marzo 2022. Già il Cremlino non può utilizzare 300 miliardi di euro di proprie riserve valutarie, la metà del totale, depositate nelle banche occidentali. Ora un altro giro di vite arriva dall’esclusione di Sberbank, il maggiore istituto della Federazione, dal sistema di pagamento internazionale SWIFT: una rete da cui passano i bonifici transfrontalieri di 11mila banche mondiali. Traffico ormai inaccessibile all’80% delle banche russe. Un ulteriore misura ha preso di mira le grandi banche internazionali – Innanzitutto l’austriaca Raiffeisen e l’italiana Unicredit – ancora presenti nei circuiti economici della Federazione. Le conseguenze si sono subito viste: la sola possibilità che l’istituto viennese possa entrare nell’orbita punitiva americana ha prodotto un calo del 12% delle azioni. Ma non si tratta solo di giri finanziari. Al pari delle banche russe, Raiffeisen ha eseguito gli ordini del Cremlino sulla dilazione dei crediti al personale militare pari a 800 milioni di euro. Le banche russe inoltre a breve non potranno più inviare rimesse attraverso i paesi – Emirati Arabi Uniti, la Turchia o le ex repubbliche sovietiche di Tagikistan, Kazakistan e Turkmenistan – che hanno mantenuto legami economici con Mosca. In caso contrario saranno esclusi dai mercati finanziari americani e quindi dal dollaro. Che le banche straniere si stiano ritirando dalla Russia appare dalle statistiche della Banca dei regolamenti internazionali (BIS), la banca delle banche centrali. In 9 mesi, gennaio-settembre 2022, le richieste verso gli istituti russi sono scese del 27% – 88 miliardi di dollari. Una tendenza che ha visto solo l’eccezione austrica. Gli istituti di Vienna hanno infatti aumentato il loro impegno in Russia del 14%, circa 21 miliardi di dollari, facendo diventare Raiffeisen il maggiore finanziatore estero dell’economia russa. A fine febbraio il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti e il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti hanno inoltre imposto nuove sanzioni a società e individui russi e approvato ulteriori restrizioni all’esportazione di tecnologia statunitense verso la Russia. Una ondata che secondo il direttore dei programmi del Consiglio russo per gli affari internazionali, Ivan Timofeev, avrà effetti pesanti. Le sanzioni all’elettronica di consumo, ha affermato l’esperto su Vedomosti, rappresentano un grave inasprimento delle restrizioni nel settore tecnologico. Misure che si rifletteranno sulle importazioni parallele. Se prima era possibile importare merci in Russia sottoposte a boicottaggio grazie ad aziende “amiche”, ora, ritiene Timofeev, vista la capacità USA di introdurre procedimenti penali per violazione delle sanzioni, le importazioni parallele diventeranno un’attività molto più rischiosa. Anche quanto deciso a fine febbraio da Bruxelles avrà conseguenze di vasta portata. Il focus del nuovo pacchetto UE, riguarda restrizioni all’export per 11,4 miliardi di euro. Indirettamente si avrà il blocco della metà delle forniture fatte nel 2021 dall’UE alla Russia, 44 miliardi di euro. Si tratta in gran parte di componenti elettroniche necessarie al funzionamento degli armamenti. Stop anche ad attrezzature come trattori pesanti, gru, radar, macchine per la lavorazione dei metalli e turbo ugelli, tutto materiale utilizzabile anche a scopi militari. Così si colpisce l’arsenale militare del Cremlino russo provocando gravi danni al resto del paese. Scopo della commissione è attaccare quanto di provenienza europea sia utilizzabile da Putin nell’invasione.
Idrocarburi russi, fine di un ricatto contro l’Europa. Dove andrà il petrolio russo in eccesso?
Indiscutibile è il successo delle sanzioni verso il settore petrolifero di Mosca. Una sconfitta riconosciuta anche dal vice primo ministro russo. Un paio di settimane fa Alexander Novak ha infatti annunciato che a marzo Mosca taglierà la produzione di 500mila barili al giorno di greggio: un calo di entrate di circa 750 milioni di euro al mese. Il funzionario ha parlato di un passo “volontario”. In realtà manca il mercato europeo occidentale che pian piano si sta sbarazzando degli idrocarburi russi. E nonostante le agevolazioni fatte agli acquirenti asiatici, Mosca non riesce a piazzare il petrolio in eccesso. Già a gennaio, i ricavi federali da oil & gas sono crollati del 46%, mentre il deficit è salito a livelli record dal 1998.
Il bilancio statale russo dovrà quindi prepararsi a perdite massicce, e questo in una situazione in cui ci sarà sempre più bisogno di liquidità per la guerra in Ucraina. Per gennaio il governo aveva previsto 120 miliardi di euro di introiti fiscali dal settore energetico. Ne è arrivata meno della metà. Si profila dunque un enorme deficit di bilancio. Vi sarà ancora abbastanza denaro per continuare la guerra, ma sempre meno per altre spese del governo. Visto che, come al solito, il governo ha approvato il bilancio calcolando il prezzo medio del petrolio Urals a 70 dollari al barile, ora – dopo le sanzioni, si è ritrovato con quotazioni crollate sotto i 50 dollari. Serve riequilibrare le entrate, e per farlo le tasse del settore petrolifero saranno calcolate non sul prezzo reale del petrolio, ma da quello calcolato, legato con uno sconto al Brent. Entro giugno 2023 le aziende energetiche russe dovranno adeguarsi alla novità. Fino ad allora potranno godere di sconti che scenderanno gradualmente. Ad aprile sarà di 34 dollari al barile, a maggio di 31 dollari e a giugno di 28 dollari. Cosi il bilancio statale in perdita riceverà circa un trilione di rubli, poco di più di un miliardo e mezzo di euro. Sicuramente la coperta non si allargherà, servirà allora fare nuove scelte dolorose. Senza dimentica l’impasse militare. Una cosa è certa, di grande potenza russa non si parlerà più per decenni.
Riferimenti
Putin: Opasnost’ Dolgosrochnykh Posledstvij Sankzij dlja RF Est’, no “Vse budet Normal’no”, Tass 14. III. 2023
India to Ensure No Breach on Russia Oil Purchase Sanctions, Bloomberg 12. III. 2023
Turkey Blocks Transit of Goods Sanctioned by EU, US to Russia, Bloomberg 10.III. 2023
Novye Tekhnologieskie Sankzii Mogut Skazat’sja na Parallel’nom Importe, Vedomosti 27. II. 2023
Les sanctions contre la Russie sont efficaces, Alternatives Economiques 21.II.2023
Kaum Zugang zu Finanzmärkten, Frankfurter Allgemeine Zeitung 21.II.2023
Der lange Weg ins Abseits, Osteuropa 4/5 2022
1 commento
[…] Scelti dalla Redazione […]