Est via sublimis caelo manifesta sereno
Home Politica interna Berlusconi e Russia, perché l’ex premier sta col Cremlino

Berlusconi e Russia, perché l’ex premier sta col Cremlino

In Italia esistono tre forze, Lega, FI e M5S pronte a gestire la politica estera del paese tenendo in conto gli interessi di Mosca.

di Barlaam

L’intervista del presidente ucraino al Corriere della Sera del 25 ottobre è la reazione di Kiev alle parole di Berlusconi. Non crediamo sia il caso di Volodymyr Zelensky, ma qualcuno si è meravigliato delle frasi pronunciate dal fondatore di FI. In verità non si dovrebbe. Quanto sostenuto dall’amico di Putin è la prova che il governo Draghi è caduto sulla politica internazionale. Il forte e limpido carisma dell’ex governatore della BCE aveva sorpreso Mosca tanto quanto le nette parole a favore dell’Ucraina pronunciate dal premier nel parlamento italiano. Entrambi disabituati a simili probità. In realtà stupiscono più le reazioni a quanto detto da Berlusconi. Non risulta che qualcuno sia andato a vedere la sostanza dei concetti esposti per concentrarsi sull’uomo. Anziano e incapace di auto gestirsi si è detto. Nei rapporti con la Russia e Putin, Berlusconi ha un passato fatto intrecci di diversi tipi: economici, energetici, sentimentali e personali dove tutto è mescolato in modo nebuloso. Ma ben gestito.

Oggi serve però concentrarsi su altro. Innanzitutto sul fatto che in Italia esistono tre forze, Lega, FI e M5S pronte a gestire la politica estera tenendo in conto gli interessi di Mosca. E che sulla crisi ucraina sposerebbero senza problemi le ricostruzioni di Berlusconi. L’altro aspetto riguarda le reazioni dei media. Nessuno ha preso spunto “dalla prima crisi di governo”, copyright del Foglio, per smontare le fantasticherie russo-ucraine espresse da Berlusconi ai propri parlamentari lo scorso 18 ottobre.

Vediamo. Innanzitutto dal punto di vista del metodo e della periodizzazione Berlusconi fa interamente propria la propaganda del Cremlino. Per esempio la nascita di (pseudo) “repubbliche popolari indipendenti” non è copyright dei separatisti del Donbass ucraino. Si tratta invece di una costante della politica estera di Mosca nello “spazio post sovietico”. Una strategia destabilizzante sperimentata la prima volta nel 1992 nei confronti della Moldavia, da cui viene staccata la Transnistria. Proseguita nel 2008 con la Georgia, quando Abkhazia e Ossezia del sud si separano dal governo centrale. Ripetuta infine con l’Ucraina nel 2014 con la nascita dei “mini para-Stati”di Donezk e Lugansk. In questo caso non si tratta solo però di destabilizzare un paese che cerca di sottrarsi alle volontà imperiali russe, quanto di spingere l’Ucraina alla capitolazione. Il metodo è invece lo stesso. Dar vita a istituzioni fittizie dipendenti in tutto dal sostegno economico e militare della Federazione russa. Mistificare questo come fa Berlusconi, vuol dire creare versioni falsificate degli avvenimenti impedendo all’opinione pubblica del nostro paese di giudicare con cognizioni di causa quanto accade.

Non è inoltre vero che nel 2014 a Minsk sia stato firmato “un accordo di pace” tra l’Ucraina e le due pseudo repubbliche. A differenza di quanto afferma Berlusconi, il Protocollo di Minsk del 5 settembre 2014 ha solo permesso il cessate il fuoco tra le parti. Altrettanto falso è sostenere che “un anno dopo l’Ucraina butta al diavolo questo trattato e comincia ad attaccare”. Secondo un rapporto ONU dell’ottobre 2014, dal giorno della sottoscrizione dell’intesa al 6 ottobre 2014, gli scontri tra le parti avevano causato “331 morti”. Complessivamente da aprile la guerra aveva causato “3600 vittime”. Inoltre, gli osservatori delle Nazioni Unite non solo non avevano “nessun dubbio che sul territorio ucraino combattessero anche militari russi”, ma ritenevano questi “particolarmente responsabili dell’alto numero di caduti di fine agosto” 2014.

Continuando con le proprie fantasie Berlusconi parla di richieste alla Federazione russa “Putin salvaci tu” fatte, secondo lui, dopo l’arrivo di Zelensky alla presidenza di Kiev. Questa è forse la balla più grossa di tutte. A Donezk le strutture militari russe sono arrivate il 10 maggio 2014, il giorno prima del “referendum” per l’indipendenza. Alla loro testa vi era Aleksandr Borodaj. Su questo non vi sono dubbi poiché è lo stesso personaggio ad ammetterlo. Da “primo ministro” della pseudo repubblica, Borodaj, da una intervista alla BBC del 24 luglio 2014, in cui riconosce i propri legami con i servizi segreti di Mosca. Un lavoro, del resto, per il quale è stato ricompensato. Il 19 settembre 2021, Borodaj è stato eletto deputato alla Duma, la camera bassa del Parlamento russo, nelle file di Russia Unita. Le affermazioni mistificatorie di Berlusconi non si fermano qui, ma crediamo possa bastare.

Perché su questa faccenda, i media invece di smontare pezzo per pezzo le leggende dell’ex primo ministro italiano, si sono concentrati sugli aspetti folkloristici del personaggio? Dalla Russia molti, in Italia e in Europa, hanno preso. Dando vita ad amori interessati. Ora sembra essere arrivato il momento di dare.

Nessuno da in cambio qualcosa per nulla. Normalmente però questi non sono casi di operazioni win-win. La Russia è un paese molto ricco di risorse che però, finora, non hanno portato al benessere del proprio popolo. È possibile invece che alcuni, persone e strutture collettive, dentro e fuori la Federazione, abbiamo tratto vantaggi economici e/o politici sponsorizzando le tesi del Cremlino. E ora pare sia arrivato il momento di pagare il debito. È dunque possibile che dopo il governo Draghi, anche quello Meloni cada sulla politica estera. Naturalmente nelle relazioni servo-padrone accade che gli yes men ne approfittino per prendere e poi eclissarsi. Un percorso simile non è però concesso agli Stati.

Related Articles

Lascia un commento