Sarà pure. Ma l’appello titolato “Un negoziato credibile per fermare la guerra” sottoscritto da un gruppo di intellettuali italiani, è poco credibile. Vediamo un po’. Il progetto apparso domenica 16 ottobre comprende sei punti, ma quelli fondamentali sono i primi due. Qui le sviste, per usare un eufemismo, sono notevoli. Il punto 1 chiede la “neutralità di un Ucraina che entri nell’UE ma non nella Nato”, dimenticando che l’ingresso nell’Alleanza Atlantica a Kiev è ritenuto un obiettivo ormai irraggiungibile. Dunque nessuna possibilità di attivare l’assistenza reciproca, articolo 5 dello statuto NATO, per dissuadere da futuri attacchi. Naturalmente resta l’esigenza del paese aggredito di non essere più invaso da Mosca. A questo proposito l’amministrazione presidenziale di Zelensky ha elaborato un documento in cui chiede “l’impegno” di Francia, Germania, Regno Unito, USA, Polonia, Turchia, Stati baltici e scandinavi per rafforzare l’esercito ucraino rendendolo in grado di “autodifendersi”. L’esistenza di un gruppo di “Stati protettori” dovrebbe dissuadere il Cremlino sia dal ripetere azioni come quelle del 27 febbraio 2014, la prima, e il 24 febbraio 2022, la seconda. In caso contrario la reazione di difesa dovrebbe avvenire in tempo reale. La discussione, lo scorso 12 ottobre nel cosiddetto formato Ramstein, di uno “scudo aereo” a difesa dei cieli ucraini ed europei va in questa direzione. Un piano che non sembra lasciare spazio a nessuna forma di neutralità di Kiev, almeno per i prossimi decenni.
Il tabù dell’ingresso nella NATO del paese invaso si basa su una fake. Nulla è infatti l’affermazione di un impegno, “solo verbale” si precisa – ossia inesistente – fatto dagli USA alla Russia di Gorbachev. Per precisione, visto che la Russia di Gorbachev non è mai esistita, sarebbe stato corretto scrivere URSS e non Russia. Certo, solo un refuso. Che però fa pensare che i firmatari dell’appello parlino di cose conosciute solo per sentito dire. Oppure che siano soprattutto ben disposti verso Mosca e la propaganda di Putin. Perché, le dichiarazioni su cui il Cremlino ha costruito il mito della promessa tradita, si basano su affermazioni fatte dal ministro degli Esteri USA, James Baker, e dal segretario generale della NATO, Manfred Wörner. Innanzitutto i due, parlando in momenti differenti e al di fuori di qualsiasi forma di negoziato non disponevano di nessuna competenza per affrontare l’argomento. In più, l’URSS esisteva ancora e la dissoluzione del Patto di Varsavia era inimmaginabile. Il formato che ha discusso le forme della riunificazione tedesca, il “2+4” non ha invece mai toccato l’argomento. Come lo stesso Gorbachev riconosce nel suo libro dedicato all’argomento.
E ora il punto 2: la Crimea non è tradizionalmente russa, ossia “sacra terra russa” come una volta si è espresso in TV il professor Cacciari. Il territorio della Crimea era la zona centrale del Canato dei tatari di Crimea nato nel XII secolo grazie all’espansione tatara e rimasto sotto quel dominio fino al crollo dell’Orda d’Oro, XV secolo. Solo nel 1783 il Canato viene conquistato dalle truppe di Caterina II. Che dire poi dell’utilizzo nel XXI secolo, del concetto di tradizione per definire i criteri di appartenenza di un territorio? Altrettanto, la Crimea non è stata “illegalmente donata da Krusciov alla repubblica sovietica dell’Ucraina”. Innanzitutto, il termine illegale è scorretto. Il trasferimento, avvenuto il 19 febbraio 1954, del settore amministrativo Crimea dalla Repubblica sovietica russa a quella ucraina ha seguito le formalità del procedimento normativo sovietico. Soprattutto l’URSS si decide a quel passo per esigenze economiche. Dopo la deportazione staliniana dei tatari, 1944, le campagne della penisola si erano impoverite e nel 1954 trovavano in uno stato pietoso. Inoltre se la Crimea apparteneva giuridicamente alla repubblica russa, dal punto di vista economico e infrastrutturale era completamente intrecciata con la confinante Ucraina. Il resto del piano resta molto nel vago, non specifica i concetti espressi e soprattutto non accenna ai crimini di guerra commessi, e documentati, a seguito dell’invasione. Visto il prestigio dei sottoscrittori dell’appello ci si aspettava di più.